I nostri grembiuli sporchi d'erba

Ci sono cose che proprio non ti aspetti. Capita che succedono e tu ti senti impotente, inerme, immobile, inadeguato di fronte ad esse.

Capita che le persone condividano una parte della loro vita crescendo insieme dopodichè capita che si perdano di vista, come spesso succede, perché iniziano a seguire strade diverse, perché fanno scelte di vita differenti, perché cambiano, perché crescono.

Capita, però, che certi legami non debbano esaurirsi mai. Sono quei legami maturati dietro ai banchi di scuola, quando le maestre ti sembrano dei giganti buoni che ti proteggono, cresciuti durante il tempo dell’intervallo e delle partite di calcio fatte nel cortile della scuola in jeans e grembiule perennemente sporchi d’erba sognando di diventare campioni.
Per questo succede in giornate come quella di ieri che ti ritrovi immobile, lungo una strada, sopra ad un ponte che hai percorso centinaia di migliaia di volte e d’improvviso senti che vuoi solo rivederti con trent’anni di meno e nello stesso istante decidi che vuoi provare a sorridere perché vuoi con tutto te stesso ricordare quell’età dell’innocenza che non tornerà mai più. Quell’età nella quale si esultava per quella palla infilata tra quei due alberi che ci avrebbe permesso di strappare ad un altro nostro compagno di classe la figurina che ci mancava per l’album Panini. Era quella l’età nella quale eravamo semplicemente felici e nella quale eravamo ignari, completamente ignari di quanto sarebbe stata, invece, complicata la vita.

Sono sempre stato convinto che uno dei doni più importanti che si possano dare e ricevere nella vita sia la disponibilità ‘a’ e la capacità ‘di’ ascoltare  l’altro. Provare sinceramente a sentire chi ti sta vicino ed in particolare le persone che si reputano importanti. A volte però scopri di colpo che non basta, no non basta, ed in questi momenti decidi che è più semplice anche per te scegliere di non continuare a porsi domande, scegliere di smettere di voler capire e scegliere il rispetto, semplicemente il rispetto.

Per questo me lo voglio ricordare così Claudio, con quel grembiule sempre abbottonato male e sporco d'erba come tutti noi, con quei capelli un po’ arruffati, e con quelli occhi chiari bellissimi, un po’ tristi ma pieni di vita.



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