Mastella abbandona la maggioranza...
L’UDEUR LASCIA L'UNIONE. IERI VERTICE DI MAGGIORANZA, PRODI OGGI ALLA CAMERA
L’Udeur esce dalla maggioranza di centrosinistra. La decisione è stata annunciata in anteprima alla stampa, e solo dopo al governo, dall’ex ministro della Giustizia Clemente Mastella. Immediata è arrivata la convocazione da parte del presidente del Consiglio Romano Prodi di un vertice di maggioranza straordinario a cui hanno preso parte leader e rappresentanti di tutti i partiti dell’Unione. Già ieri è arrivata la decisione di prendere parola alla Camera dei deputati. Oggi in mattinata la conferenza dei capigruppo di Montecitorio ha calendarizzato l'intervento del premier. Romano Prodi prenderà parola alle 11,30 per chiedere il voto di fiducia formale. La Camera si esprimerà su di essa mercoledì nel pomeriggio, intorno alle 17. «Le crisi - ha dichiarato il ministro per i Rapporti con il Parlamento Vannino Chiti - non si fanno sui giornali o sulle tv, ma in Parlamento».La notizia dell’uscita dell’Udeur dalla maggioranza è del tardo pomeriggio di ieri. Sono da poco passate le 18 quando viene convocata una conferenza stampa nella sede del partito centrista. A prendere la parola Clemente Mastella. «Non tratto, non negozio, non accetto mezze misure: mi batto e mi batterò per un governo e una maggioranza in grado di ridare un senso alla giustizia come misura legale e formale di civili rapporti tra gli uomini e le donne che abitano questo grande, straordinario paese, che non merita lo spettacolo al quale è stato condannato da anni di inerzia, e che è sotto gli occhi di tutti». Con queste parole, intorno alle 19, l’ex ministro della Giustizia annuncia alla stampa, prima ancora che al presidente di quel Consiglio dei ministri di cui ha fatto parte fino a cinque giorni fa, l’uscita del suo partito dall’Unione di centrosinistra...
Il Paese dell'anomalia
di MASSIMO GIANNINI
di MASSIMO GIANNINI
Nell'esausta democrazia italiana, malata di opposti estremismi e di mutui immobilismi, è difficile anche morire. Tra grandi montagne di rifiuti materiali e piccole vendette personali, le ultime ore di vita del governo di Romano Prodi sono un tormento politico e un calvario mediatico. Nulla è normale, lineare, fisiologico, nell'irrisolta e mai realmente compiuta Seconda Repubblica. In qualunque altro Paese dell'Europa moderna una maggioranza cade in Parlamento, per una rottura politica che gli elettori capiscono, e di cui comprendono le ragioni. Solo in Italia il leader di un piccolo partito può annunciare la fine di una maggioranza politica in una conferenza stampa, e poi nel solito salotto di Porta a porta. Senza prima spiegare alle Camere le sue motivazioni, e senza rendere conto all'opinione pubblica delle sue decisioni. La "rupture" di Clemente Mastella è il gesto irresponsabile di un ministro Guardasigilli che, colpito da una pesante e non del tutto convincente inchiesta della magistratura, ha trasformato se stesso in un martire, mai abbastanza "protetto" dai suoi stessi alleati. E fingendo di immolare se stesso sull'altare della persecuzione giudiziaria, ha finito per sacrificare il governo sull'altare della convenienza politica. Forse l'ha fatto per evitare comunque le forche caudine del referendum, come lasciano pensare le mosse dell'Udeur successive al via libera della Consulta ai quesiti. O forse l'ha fatto perché ha già in tasca un accordo con Berlusconi, come lascia sospettare la sua pretesa, del tutto irrituale, di ottenere "la crisi di governo e le elezioni anticipate". Sta di fatto che questo, probabilmente, è l'atto finale con il quale si compie il destino di Prodi, e si avvera l'ormai celebre profezia di Fausto Bertinotti, che aveva paragonato il premier al Cardarelli di Flaiano, "il più grande poeta morente". È anche, verosimilmente, il rito di passaggio che finirà per riportare gli italiani alle urne, con tre anni di anticipo sulla regolare scadenza della legislatura. Ma neanche quest'ultimo strappo, al momento, è ancora sufficiente a trasformare una crisi virtuale, che purtroppo dura ormai da qualche mese, in una vera e propria crisi formale. C'è modo e modo di morire. E se proprio gli tocca, Prodi vuol morire a modo suo. In un modo che lasci il segno, non solo sulla sua immagine personale di questi giorni, ma anche e soprattutto sull'anomala transizione italiana di questi anni...
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